Un laboratorio di scuola edile all’interno del carcere di Opera per formare detenuti che, una volta usciti, avranno acquisito competenze da manovali o addetti nel settore delle costruzioni. Questo l’obiettivo del nuovo spazio inaugurato ieri da 170 metri quadrati che sarà gestito da Esem-Cpt (Ente unificato formazione e sicurezza) che rientra nel protocollo firmato lo scorso anno dall’amministrazione penitenziaria di Opera insieme ad Assimpredil Ance, l’Esem, i sindacati, Umana SpA e Fondazione Don Gino Rigoldi per incrementare le opportunità di lavoro dei detenuti e favorire il loro reinserimento sociale. Le modalità di inserimento lavorativo verranno di volta in volta definite in base alle esigenze delle aziende e alle possibilità dei singoli detenuti, nell’ambito dei programmi di trattamento predisposti dalla direzione dell’istituto penitenziario e sottoposti alla magistratura di sorveglianza per l’approvazione.
L’edificio dove si trova il laboratorio è stato ristrutturato e attrezzato dall’Esem, che ne ha curato la parte funzionale e lo ha dotato dei materiali e attrezzature necessarie per il corso base di manovale. Gli allievi inizieranno realizzando delle piccole casette in muratura, potendo così apprendere le modalità operative che poi serviranno in cantiere nella esecuzione delle opere. La scuola edile è stata realizzata per consentire un più mirato percorso di formazione ai detenuti, che potranno essere affiancati da tutor specializzati oltre che dai docenti.
«La detenzione», ha dichiarato Andrea Ostellari, Sottosegretario alla Giustizia con deleghe al Trattamento dei detenuti, Provveditorati, Giustizia minorile e di comunità, «serve se rieduca, altrimenti si riduce ad una parentesi fra l’azione criminale e l’altra. I dati sui tassi di recidiva parlano chiaro: smette di delinquere soprattutto chi impara il mestiere, confrontandosi con la fatica dell’apprendimento e con le regole del mercato, quali il rispetto dei colleghi e la leale collaborazione. Ringrazio quanti hanno reso possibile l’inaugurazione di una scuola edile nel carcere di Opera e auspico che iniziative simili siano replicate anche presso altri istituti del nostro Paese». «Dare una stabilità alla scuola edile all’interno del carcere di Opera – ha aggiunto don Gino Rigoldi – significa rendere ancora più semplice l’applicazione dell’articolo 21 per il lavoro esterno, la strada maestra per il reinserimento delle persone recluse, perché ci assicura che, appena concluso il corso, l’accesso al lavoro potrà avvenire immediatamente, senza tempi di attesa. Cercheremo di attivare quanti più cicli formativi possibili, confortati dai risultati positivi della sperimentazione già realizzata».
All’inaugurazione dello spazio è intervenuto anche Silvio Di Gregorio, direttore dell’amministrazione penitenziaria di Opera, che ha parlato del lavoro come di uno «strumento principale non solo del trattamento penitenziario, ma anche per avere una vita dignitosa. In quest’ottica, la collaborazione con Assimpredil Ance con le organizzazioni sindacali, con Esem per la formazione professionale, e con Umana, offre un’incredibile opportunità sia ai detenuti, che potranno mettere a disposizione le proprie competenze e ricevere una giusta retribuzione, sia alle imprese che potranno trovare quella manodopera qualificata e certificata che il mercato del lavoro oggi non riesce ad offrire. Ma aggiungerei anche il vantaggio per l’intera comunità, che troverà finalmente quelle competenze necessarie a produrre reddito e benessere, sia in termini di aumento del Pii che come abbattimento della recidiva».
«L’esperienza ci insegna che è fondamentale accompagnare nella quotidianità il ritorno al lavoro del carcerato – ha aggiunto Regina De Albertis, presidente Assimpredil Ance, l’associazione delle imprese Edili e complementari delle Province di Milano, Lodi e Monza Brianza -. Non è sufficiente occuparsi del solo lato organizzativo del lavoro, bisogna occuparsi anche dell’uomo e delle sue fragilità e difficoltà. Credo che ai nostri imprenditori, quelli che hanno accettato la sfida, vada riconosciuto il merito di aver messo il cuore nell’accoglienza oltre che il tempo per gestirei tanti problemi che si sono presentati. È questo il volto del fare impresa sostenibilmente di cui parliamo tanto negli eventi, ma che in questi mesi ho potuto vedere concretizzato nelle azioni che i miei colleghi hanno fatto giorno dopo giorno, fuori dai riflettori, ma dentro la determinazione di raggiungere l’obiettivo».
di Daniele Agrati, Avvenire, 28 maggio 2024