Educare alla relazione per riconciliare le persone

Il commento di don Gino sull’omicidio di Willy a Colleferro.

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In questi cinquanta anni di lavoro con i giovani nel carcere minorile, ma anche nei carceri per adulti, ho visto molti reati: piccoli, gravi, gravissimi, alcuni perfino feroci.

Quello che mi aveva impressionato nei primi anni era la durezza e la mancanza di pietà in alcuni ragazzi qualche volta più vicini ai quattordici anni che all’età adulta.

Nel mio lungo tempo ho incontrato anche uomini e donne adulte che hanno commesso omicidi o comunque reati contro la persona, talora con crudeltà terribili.

Da tutte queste storie una convinzione mi rimane certa: ogni comportamento ha sempre una storia, un prima, un perché personale, familiare, sociale, culturale. Mai visto un raptus legato a follia improvvisa.

A Colleferro gli attori indicati dell’omicidio di Willy sono adulti che hanno infierito sul ragazzino con una violenza e una crudeltà inspiegabili. Oppure spiegabili.

A me pare che in Italia, soprattutto in alcune regioni, paesi e ambienti, circola e si afferma la convinzione che sono importanti la mia famiglia, gli amici miei, quelli che la pensano come me, quelli del mio partito. Fuori c’è la “gentarella”, i “quaquaraquà”, come recitava il mafioso de “il giorno della civetta” confrontando dei tipi di umanità con il capitano dei carabinieri.

Tra la “gentarella” stanno al primo posto le donne, poi gli stranieri, più in generale chi è ritenuto debole e ha paura.

Sulle vicende di Colleferro si sono già espresse le opinioni più diverse: quelle di orrore, quelle di indignazione, quelle di “buttare via la chiave”. Qualcuno comincia a sussurrare che le violenze di alcuni uomini erano già storia vissuta e mai contrastata, che bisognerebbe guardare dentro a certe palestre delle arti marziali. Forse si arriverà a parlare di certi partiti politici e delle loro ideologie.

Questi sono giorni nei quali è giusto piangere tante lacrime, stringersi affettuosamente alla famiglia e agli amici di Willy, e di chiedere giustizia. Ma non basta, credo non basti neanche a Willy, che è vivo nel ricordo, nell’affetto e ora nella gioia della Casa di Dio.

Dobbiamo chiederci perché in una comunità erano noto un gruppo di violenti, ne è stata accettata la presenza come un fatto ineluttabile. Colleferro, la sua regione, tutti noi cittadini dobbiamo ripartire con una azione che tenti di riconciliare le persone, che le faccia crescere in maniera sana sia del punto di vista sociale che morale.

Si chiama “educazione alla relazione”. E’ la virtù cristiana, civica, umana che coltiva il pregiudizio che con ”gli altri” è possibile stabilire alleanze, darsi valore, fare comunità. Con questi presupposti una cittadina diventa una comunità capace di curare se stessa, senza lasciare ai margini, o addirittura subire, coloro che potrebbero poi diventare gli aguzzini dei propri fratelli.

Tutti sappiamo che la capacità di relazione non è nel senso comune, è poco praticata persino tra i cristiani, che riescono a chiamare comunità anche dei luoghi dove la cura della relazione è una eventuale e rara qualità.

L’odio e la violenza sembrano invincibili, ma l’amore è più forte e la relazione è un’altra maniera per declinare il termine “amore”.

Don Gino Rigoldi