Don Gino è stato candidato al Premio Gentilezza Italiana 2024 con il progetto “Casa di Accoglienza di don Gino“. In questa intervista per il Club degli Uomini Gentili parla di gentilezza, relazione e sfide da affrontare nella nostra società.
In un contesto in cui ci sono molte sfide e necessità, come mantiene vivo il valore della gentilezza all’interno della vostra Fondazione?
Innanzitutto cerco di essere ogni giorno gentile io per primo: nella relazione con le persone che ho intorno e quindi anche con i miei collaboratori. La gentilezza in Fondazione è una questione di stile e di metodo relazionale: bisogna sempre ricordarsi che gentilezza genera gentilezza.
Quali pratiche o strategie adotta per garantire un approccio empatico e rispettoso verso coloro che servite e coloro che vi supportano?
Il nostro approccio è la relazione, onesta e trasparente: lavoriamo in equipe che frequentemente si incontrano per verificare l’andamento dei progetti, guardando al benessere delle persone che incontriamo nelle nostre iniziative e servizi e – quando possibile – accompagnando anche chi ha terminato il suo percorso dentro i progetti. La cura, il rispetto e l’attenzione sono centrali nelle relazioni che abbiamo. E questo vale anche per i nostri sostenitori che cerchiamo di rendere il più possibile partecipi dell’andamento dei nostri progetti, sia quando ci sono esiti positivi che quando ci sono inciampi. Lavorando con le persone, dobbiamo infatti mettere in conto anche alcuni fallimenti: vederli e saperli riconoscere è il punto di partenza per tentare nuovi approcci che siano di aiuto alle persone.
In un mondo spesso dominato da divisioni e conflitti, come pensa che la gentilezza possa essere una leva per il cambiamento sociale e il miglioramento della società?
La gentilezza è la premessa necessaria per ogni rapporto. Senza gentilezza, capacità di accoglienza e approccio positivo non si va da nessuna parte.
Secondo Lei quali sono le principali sfide che la società contemporanea deve affrontare, e in che modo la gentilezza può contribuire a superarle?
Credo che le sfide cruciali oggi siano la lotta alla povertà e l’educazione. Quando parlo di povertà penso innanzitutto a quella spirituale, che viene prima di quella materiale, che ci rende incapaci di conoscere noi stessi e di avere pensieri grandi e che generino fiducia nel futuro. L’educazione invece è scambio, cultura, terreno fertile, relazione. Se penso ai ragazzi d’oggi – e certamente anche a quelli che escono da percorsi difficili – credo che l’educazione ovvero la relazione sia l’unica strada. Io non ho mai avuto paura della relazione, la paura è già un giudizio e una negazione di libertà. Trovo che non sia costruttivo lasciare la nostra gioventù in solitudine, viene la malinconia persino a me. Da soli sulle loro gambe i ragazzi si limitano a sopravvivere, insieme, con un adulto gentile vicino si può pensare un poco più in grande.