“La solidarietà è contagiosa”

Una volta tornati dai campi di volontariato in Moldova e Romania, abbiamo chiamato Fabrizio e Chiara per farci raccontare come sono andati i 14 giorni che hanno trascorso tra bambini, ragazzi e persone con disabilità.

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Quando chiamiamo al telefono Fabrizio e Chiara, che hanno partecipato come referenti ai campi di volontariato di BIR in Moldova e Romania ci è subito evidente una cosa: non importa se sia la prima o decima volta cui si parte, ogni campo è diverso. Sono diversi i bambini e le persone che si incontrano, i volontari che partono dall’Italia per vivere questa esperienza e quelli locali, quando presenti. 14 giorni pieni di emozioni, che ancora trapelano dalle loro voci.

Il primo che chiamiamo è Fabrizio, appena tornato dalla Moldova dove ha lavorato con bambini e ragazzi da 5 a 13 anni insieme ai volontari italiani e quelli di Diaconia, il partner locale.

Era la mia prima volta in Moldova, prima di partire ero così emozionato! Ero già stato in Romania durante altri campi, ma ognuno è diverso e ha le proprie sfide: ci si sente sempre pronti prima di partire, ma è quando si arriva fisicamente là che “il gioco si fa duro”! Con i bambini piccoli mi sono sentito più a mio agio, diciamo che “giocavo in casa”: hanno sempre voglia di giocare ed è questo quello che – forse anche ingenuamente e inconsapevolmente – ti chiedono. Sono sempre entusiasti per le novità, le attività movimentate, il tempo libero tra un gioco e un altro… Stare fermi è difficile quando si hanno 5 o 6 anni, se ripenso a me da piccolo ero proprio come loro!

Ma la vera sfida di questo campo è stata riuscire a far partecipare i ragazzini più grandi alle attività che proponevamo: eravamo in un contesto di un piccolo villaggio in cui tutti si conoscevano e si sa che quando si creano i gruppetti di ragazzi che già si conoscono bisogna essere bravi a catturare la loro attenzione, o anche quella di uno soltanto di loro che riesce a trainare il resto del gruppo. Ed è stata proprio una soddisfazione riuscire a entrare in relazione con loro: è come se fossimo riusciti a dar loro uno spazio di svago, ma allo stesso tempo di riflessione, in cui potevano sentirsi liberi di esprimersi. A 12 o 13 anni stai cambiando e crescendo, cerchi punti di riferimento e cose nuove che ti stimolino: se trovi le persone giuste hai voglia di raccontarti e far conoscere i tuoi sogni per il futuro. Io sono contento che per molti di loro siamo stati proprio quelle “persone giuste”: alla fine sono bambini e ragazzini esattamente come lo siamo stati noi, hanno i nostri stessi bisogni e io sono davvero felice di aver lasciato un po’ di me stesso in questo campo. È questo il senso dei campi di volontariato, no?

Chiara invece è partita per la Romania come co-referente insieme a un gruppo di altri 6 volontari presso il Centro don Orione di Bucarest. Quando la chiamiamo al telefono al suo ritorno la sua voce entusiasta ci travolge e ci racconta che queste due settimane sono state…

Durante l’abituale passeggiata mattutina – uno dei miei momenti preferiti della giornata proprio per quello che sto per raccontarvi – vedere chi ha meno difficoltà nel muoversi aiutare chi invece è più in difficoltà e farlo spontaneità mi ha emozionata tantissimo. Io pensavo “io sono qui per questo, l’ho scelto e ci credo profondamente in quello che faccio”: ma vedere questo spirito di aiuto reciproco anche tra di loro è stato un momento davvero speciale e di rara bellezza. È come se ti mostrassero che anche loro sono esattamente come te, che sono in grado di fare le cose per se stessi e anche per gli altri. Hanno nei confronti degli altri le stesse attenzioni che noi volontari abbiamo per loro, ed è così che il bene genera altro bene. Alla fine è questo che ti ricordi quando torni a casa, che sei riuscita a lasciare la tua impronta: la solidarietà è contagiosa!».

Stupende, ripartirei domani mattina senza esitazioni! Sono ancora emozionata nel ripensare all’esperienza, per me era la prima volta accanto a persone con disabilità. Avevo già partecipato ad altri campi di volontariato insieme a BIR, ma questo è stato davvero speciale. “Semplicità” è stata la parola che mi ha accompagnata durante tutto il campo perché descrive perfettamente le giornate che ho vissuto: ci sono stati momenti così genuini da riuscire a emozionarmi anche dopo così tanti campi! Ve ne racconto uno che mi porto particolarmente nel cuore, partendo da una premessa: le persone con le quali lavoriamo hanno diverse disabilità, chi fisiche, chi anche psichiche o psicologiche.

Durante l’abituale passeggiata mattutina – uno dei miei momenti preferiti della giornata proprio per quello che sto per raccontarvi – vedere chi ha meno difficoltà nel muoversi aiutare chi invece è più in difficoltà e farlo spontaneità mi ha emozionata tantissimo. Io pensavo “io sono qui per questo, l’ho scelto e ci credo profondamente in quello che faccio”: ma vedere questo spirito di aiuto reciproco anche tra di loro è stato un momento davvero speciale e di rara bellezza. È come se ti mostrassero che anche loro sono esattamente come te, che sono in grado di fare le cose per se stessi e anche per gli altri. Hanno nei confronti degli altri le stesse attenzioni che noi volontari abbiamo per loro, ed è così che il bene genera altro bene. Alla fine è questo che ti ricordi quando torni a casa, che sei riuscita a lasciare la tua impronta: la solidarietà è contagiosa!.

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