Laboratori edili al carcere di Opera. «In due mesi offriamo un futuro ai detenuti».

Elmetti gialli, cemento e mattoni, fodere e stagge, attrezzi per costruire un muro: il centro di formazione appena nato nel cuore del penitenziario di Opera è un laboratorio edile in cui gli allievi selezionati dalle imprese tra i «ristretti» imparano subito il mestiere e in due mesi sono pronti per essere assunti fuori, senza tempi d’attesa.

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«È il paradigma che si capovolge: l’azienda entra nelle mura del carcere, supera la diffidenza, sceglie e forma i suoi futuri dipendenti mentre questi ultimi recuperano la loro dignità. Sarebbe intelligente estendere il progetto anche ad altri settori come la ristorazione o la metalmeccanica – spiega don Gino Rigoldi, anima e cuore dell’iniziativa che ha visto coinvolti molteplici soggetti, Assimpredil Ance in prima fila-. Il mercato ha bisogno mano opera e d’altro canto chi sta scontando la propria pena deve rientrare nel circuito produttivo. Lo stesso vale per i ragazzi neomaggiorenni del Beccaria, vorrei portarne alcuni qui a formarsi». In questo momento ad Opera ci sono 47 persone in Articolo 21 (quello che consente il lavoro esterno) ma «vorremmo ingrandire la sezione di chi, pur finendo di scontare dentro le mura la pena, inizia però a responsabilizzarsi anche fuori», fa eco il direttore del carcere Silvio Di Gregorio. «È un modo di vedere la responsabilità d’impresa», aggiunge Luca Cazzaniga di Esem-Cpt, che si fa carico della gestione con Umana spa e i sindacati. Il Sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari chiarisce: «La recidiva, per chi impara in modo fruttuoso un mestiere, si abbatte al 2 per cento ma deve essere chiaro a tutti che il crimine non conviene sotto nessun punto di vista». Non è facile assumere ora nell’edilizia, conclude per il dg Gloria Domenighini, «eppure questa sperimentazione ci mostra che le opportunità concrete, a volerlo, si creano».

Il Corriere della Sera, 28 maggio 2024