Gratosoglio è uno dei quartieri di Milano con il fattore di svantaggio socio-educativo più alto: in una scala da 2 a 8 si attesta a 7. Appena si arriva alle Torri Bianche, le case dell’ALER del quartiere, il benvenuto lo dà un graffito su un muro, che recita “Spero sia un abbaglio tutta questa oscurità”. Il Laboratorio Espressivo-Creativo del CCTE a quell’oscurità ha dato un tocco di colore e noi di Fondazione abbiamo deciso di sostenerlo per stare accanto a chi si occupa dei bambini del quartiere perché qui vive il 16,5% dei minori dell’intera città di Milano.
La grande difficoltà di Gratosoglio non è più l’integrazione, ma la mancanza di prospettive per i bambini che poi crescono, diventano grandi e da lì vogliono scappare. Il Laboratorio del CCTE si impegna per offrirgli un posto sicuro in cui trascorrere la giornata dopo essere usciti da scuola, dove fare merenda insieme agli altri bambini e dove dipingere, giocare, creare. E immaginare attraverso l’arte e la curiosità verso le culture degli altri un futuro diverso rispetto al presente.
Proviamo a capire meglio la situazione!
Qualche settimana fa abbiamo fatto visita al Laboratorio Espressivo-Creativo di Gratosoglio, dove ogni anno circa una sessantina di bambini vengono accolti dopo la scuola, per fare merenda insieme e divertirsi in attività artistiche insieme alle volontarie. Fogli, acquerelli e pennelli riempiono il grande tavolo del Laboratorio. «Oggi ci prepariamo per il Carnevale» ci spiegano le volontarie mentre preparano la merenda per i bambini che, ci raccontano, arriveranno tutti mascherati. E infatti cominciano a entrare Spiderman e una principessa dall’abito dorato, poi Biancaneve seguita da una piccola ape e da un’originale stella cometa brillante. I loro occhi vispi si posano subito su di noi, che siamo la novità della giornata e i più espansivi ci chiedono come ci chiamiamo, se siamo nuove volontarie e se possono mostrarci tutti i disegni che hanno fatto.
Biancaneve ci indica i suoi disegni appesi al muro: «Questo è mio, ho disegnato casa mia vicina a quella di M.: in realtà abitiamo lontane oggi, ma magari quando diventiamo grandi cambiamo casa e diventeremo vicine». Qui al Laboratorio si disegna il proprio futuro e i sogni diventano “piccole opere d’arte” che arricchiscono ogni angolo. Ma ora non c’è tempo da perdere, Biancaneve si deve concentrare sul lavoretto di oggi: bisogna creare delle decorazioni di Carnevale per la sfilata di sabato e lei deve finire tra le prime perché sul calendario delle attività il suo nome è accanto a “Raccogliere i pennelli” e una volta concluso il suo lavoro deve portare a termine la sua missione.
Spiderman è furbo, lo notiamo subito: osserva in giro quello che fanno gli altri per prendere ispirazione, ma quando incrocia il nostro sguardo comincia a sorridere perché ha già in mente cosa vuole fare: ci dipinge il naso con il pennello, poi una guancia e infine l’altra. «Nuccia – una delle volontarie – dice sempre che più colorato è questo posto, meglio è!» e ride di gusto sgomitando l’amico a fianco che scoppia in una risata contagiosa, che contagia anche noi.
Il Laboratorio Espressivo-Creativo è una tavolozza piena di colori tra i palazzi grigi del quartiere Gratosoglio di Milano. Nuccia – una delle volontarie – ci accoglie tirando su la claire verde con disegnato un girotondo di bambini. Lei è qui dal 2015, quando ha cominciato a impegnarsi come volontaria per i bambini del quartiere, dopo il suo incontro con Assunta Liuzzi Giani detta Susy.
«Mi ricordo come fosse ieri quando ho incontrato l’energia travolgente di Susy! Ha cominciato a dedicare il suo tempo ai bambini dopo il periodo delle grandi dipendenze che aveva tagliato le gambe al futuro del quartiere, ma lei è riuscita a farlo rinascere grazie anche all’aiuto della Fondazione che sostiene il Laboratorio. Io sono arrivata nel settembre del 2015 e non me ne sono più andata!».
Le pareti del Laboratorio sono tappezzate di disegni. Nuccia ci racconta che qui i bambini trascorrono qualche ora dopo la scuola, ma è un luogo che, oltre a loro, fa bene anche ai volontari che ci lavorano.
«I bambini ci ricaricano con la loro energia. Abbiamo davvero tante richieste, accogliamo una sessantina di bambini all’anno. Vederli stare insieme mi riempie di gioia: i più grandi aiutano i più piccoli e i più piccoli cercano sempre una guida in chi ha qualche anno di più, vogliono comportarsi “come i grandi”. Abbiamo 15 nazionalità diverse qui, pensate a quanta ricchezza! Credo che questa sia davvero un’opportunità per loro e noi cerchiamo di fargli scoprire il mondo attraverso il gioco e la creatività. Quest’anno il tema che ci ha accompagnati è stato la vita di quartiere: abbiamo chiesto loro di disegnare quello che a loro piacerebbe avere qui dove vivono: parchi, ristoranti, negozi, campi da calcio e pallavolo… È emozionante vederli sognare e immaginare il proprio futuro.
Ma il nostro impegno va oltre il laboratorio. Siamo qui anche per le famiglie, per quei genitori che hanno storie difficili. Siamo un punto di riferimento, una mano tesa in un quartiere che ha conosciuto tante sfide ma che continua a brillare di speranza».
Era il 1979 quando nel quartiere Gratosoglio è arrivato il CCTE – Comitato Contro le Tossicodipendenze e l’Emarginazione. Inizialmente la sua missione era rispondere ai problemi delle droghe prima e a quello dell’AIDS poi, che nascevano proprio in quegli anni. Ma una volta arrivati sul territorio servizi come il SERD, la sua fondatrice Assunta Giani Liuzzi, conosciuta da tutti come Susy, ha cominciato a occuparsi dei bambini del quartiere.
«Negli anni ho visto giovani spegnersi troppo presto e sentito il peso delle perdite sulla mia pelle. È stato con l’aiuto di volontari e del sostegno della Fondazione che al CCTE abbiamo dato vita al Laboratorio Espressivo-Creativo. Siamo arrivati ad accogliere più di 60 bambini delle elementari, 2 o 3 pomeriggi a settimana. Qui trovano un rifugio sicuro per diventare artisti, lettori e costruttori di futuro. Attraverso il Laboratorio, i bambini esplorano ogni anno un tema diverso, un percorso che gli fa scoprire la storia del quartiere, i cambiamenti della città e i loro sogni. Essere educatori qui vuol dire credere nell’accoglienza, nell’aggregazione e nello scambio culturale, ma significa soprattutto tenerli lontani al richiamo della strada, offrirgli un posto dove alimentare le loro passioni e stimolare in loro la curiosità per la diversità e la creatività. Perché il Laboratorio è più di un luogo: è un faro per i bambini e le famiglie del quartiere, una bussola quando mancano i punti di riferimento».
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