E’ morto un altro ragazzo e vorremmo tutti che fosse l’ultimo ragazzo morto di droga.
Non è mai cessato il consumo di sostanze e di alcol tra i giovani, si sono invece moltiplicate le droghe, cresce il fascino di talune sostanze che sembrano promettere emozioni grandiose, altre garantirebbero prestazioni super, altre ancora dovrebbero consolare da profondi disagi. Molte versioni, ma è sempre presente una pericolosità spesso sconosciuta.
Una prima impresa da compiere è quella di parlare di droghe, legali e illegali, parlarne direttamente con i giovani a partire dalle scuole, dalle società sportive e in tutti i luoghi dove i giovani si aggregano. Molti ragazzi sono convinti di sapere tutto sulle droghe, si sentono loro i professori. Si comincia allora ascoltando le loro opinioni per poi approfondire insieme e precisare. Va da sé che l’interlocutore adulto deve essere ben competente, senza drammatizzazioni che aumentano il desiderio di sfida senza spaventare nessuno, ma è anche ben chiaro che deve saper segnalare gli effetti e i reali pericoli delle diverse sostanze. I giovani sanno ascoltare gli adulti onesti e competenti.
Il luogo privilegiato di informazione è la scuola, ma è altrettanto necessario esserci nei luoghi dello spaccio e del consumo a tutela di tutti. Però esserci significa prima di tutto parlare ed ascoltare i cittadini ma anche i consumatori, ed è difficile farlo presentandosi a bordo di una ruspa. Non c’è da aver paura ad essere adulti che ragionano con chi consuma, anche in maniera continuativa, per ridurre il danno di siringhe, di preservativi, di sostanze sconosciute e perciò imprevedibili, e indicare i servizi pubblici e privati adatti ad affrontare il problema.
Ho grande stima per la lotta allo spaccio, è doverosa e necessaria, ma la regola generale di sempre si chiama educazione, che io definirei “addestramento a relazioni oneste, accoglienti, pazienti, costruttive”, insomma addestramento a volersi bene. Una persona che ama e si sente amata, che ha ascolto e impara ad ascoltare difficilmente rischierà la propria vita a 24 anni in un boschetto di Rogoredo.
Don Gino Rigoldi
(Corriere della Sera, edizione locale Milano, 12/09/2018)