Pensarsi in due

Il contributo di Lella Costa per “Chiamala relazione”

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Abbiamo chiesto ad alcune amiche e amici, come Jovanotti, Lella Costa, Elio di Elio e le Storie Tese, Giuliano Pisapia e altri, di raccontare il loro punto di vista sulla relazione: l’amore e l’amicizia, il lavoro, l’educazione e l’aiuto, la politica, la relazione con Dio e con se stessi. Sono spunti per riflettere e per sorridere, un piccolo dono e un invito alle lettrici e ai lettori per dedicare, a loro volta, un po’ del loro tempo a considerare che ogni giorno siamo in relazione e, quindi, a porsi la domanda: «Che cosa posso fare per migliorare le mie relazioni?»

Questo è il contributo inedito è stato scritto qualche anno fa da parte di Lella Costa, attrice.

«Un amore felice. È normale?
È serio? È utile?
Che se ne fa il mondo di due esseri
che non vedono il mondo?»
Wislawa Szymborska

Forse su questo non ragioniamo mai abbastanza (sempre che abbia senso accostare il verbo «ragionare» a tutto ciò che riguarda l’amore e le sue infinite varietà, declinazioni e patologie): che nel momento in cui ci innamoriamo (e ci sono beate stagioni della vita in cui l’evento si verifica con frequenza perfino superiore alle scadenze elettorali del nostro paese) ci concentriamo totalmente ed esclusivamente su quella relazione, e trascuriamo, ignoriamo o comunque subordiniamo a quella tutto il resto del mondo. Oltretutto questo non ci garantisce affatto che di conseguenza la nostra storia sarà perfetta, felice o almeno decente: il più delle volte pensiamo di occuparci di noi in quanto coppia, ma in realtà ci (pre)occupiamo sostanzialmente di noi in quanto individui. Dei nostri singoli privatissimi bisogni, aspettative, reazioni, gratificazioni, sentimenti, desideri. Esempio: se (quando) lei (lui) non chiama o non arriva all’orario stabilito, le nostre ipotesi galoppano dal «se n’è dimenticato/a, avrà di meglio da fare» a «certo, sarà con qualcuno che gli (le) interessa di più» per approdare al classico «non gliene frega più niente di me» (con la variante prettamente femminile «non mi ama più»: i maschi magari lo pensano, ma han più pudore a dirlo). Raramente dedichiamo un pensiero anche fugace a quello che potrebbe essere capitato al/alla partner, soprattutto sul piano emotivo: se la latitanza diventa davvero  preoccupante magari pensiamo all’incidente, se si prolunga in modo eccessivo all’incidente grave («e comunque se poi salta fuori che sta bene giuro che lo (la) faccio fuori io a mani nude»), ma quello su cui ci concentriamo è la nostra ansia, il nostro  senso di frustrazione, la nostra paura dell’abbandono.

È difficilissimo pensarsi in due. Pensare all’altro, preoccuparsi del suo benessere indipendentemente da quello che procura a noi. È difficilissimo perfino trovare la misura giusta nel farlo: per esempio, c’è una canzone bellissima di Battiato, «La cura», nella quale credo almeno un paio di generazioni di recenti innamorati abbiano trovato una specie di manuale di istruzioni perfetto e poeticissimo. Intendiamoci, è davvero una canzone meravigliosa, emozionante e commovente: ma se andiamo ad analizzare il testo, beh, più che un rapporto d’amore ne vien fuori una relazione medico-paziente parecchio squilibrata (e d’altra parte il titolo lo dice bello chiaro, no?). Non c’è reciprocità, solo accudimento unilaterale: «Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie… dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai (quando si dice incoraggiare l’autostima…) ti  solleverò dai dolori e dagli sbalzi d’umore, dalle ossessioni delle tue manie…» E via diagnosticando. Un vero capolavoro, ma siamo sicuri che sia saggio, e sano, ascoltarla insieme con occhi sognanti e commossi, stringendoci la mano e promettendoci che sì, anche il nostro amore sarà così? «Perché sei un essere speciale,e io avrò cura di te…»

Non esistono formule matematiche o ricette masterchef per far funzionare di sicuro una relazione d’amore, ma in compenso ci sono alcuni atteggiamenti e comportamenti che di sicuro la incasineranno. Innanzitutto la dipendenza assoluta: la frase «non posso vivere senza si te» potrà anche suonare autentica per il mittente e gratificante per il destinatario, ma non ha molto a che fare con l’amore, che infatti in genere finisce per morire soffocato. Ha bisogno di libertà, l’amore. Di fiducia, di leggerezza, di momenti condivisi e di altri momenti in cui ognuno fa quello che gli piace fare, che poi è tanto bello raccontarselo. Certo, è più romantico pensare che solo con lei, solo con lui saremo sempre e totalmente felici: ma non è vero. Saremo felici – non sempre, non totalmente, ma davvero – solo se impareremo a guardarci, e a vederci, come siamo veramente, e a rispettarci, e a riconoscerci, e a restare in relazione col mondo. Se capiremo che la più bella dichiarazione d’amore non è «La mia vita non ha senso senza te», ma «La mia vita è piena di cose e anche di casini, e io me la cavo alla grande, ma con te ho idea che sarà ancora meglio. Perché sei un essere speciale, e lo sono anch’io, e noi avremo cura di noi.»

Che, guarda caso, è anche quello che ci insegnano don Gino e le persone che da oltre quarant’anni lavorano con lui. Bravi loro, e fortunati noi.

Lella Costa