È giusto cercare e punire i responsabili delle violenze agite a capodanno da un gruppo di ragazzi in Piazza Duomo nei confronti di alcune giovani donne.
Le violenze, i reati vanno chiamati con il loro nome anche quando sono commessi da adolescenti, e vanno puniti come prevedono le leggi.
Ho ascoltato molte dichiarazioni di condanna, diagnosi preoccupate sulla salute psichica dei nostri giovani, critiche ai responsabili della sicurezza.
Solo che, dopo l’indignazione, la condanna e la preoccupazione, il pensiero si ferma come se non avessimo altro da fare oltre la denuncia.
Con qualche sollievo alcuni giornalisti hanno scritto che “però erano quasi tutti extracomunitari”.
Nei molti anni di mia frequentazione degli adolescenti ho imparato che non esistono comportamenti senza una storia, un motivo, un desiderio o una rivendicazione.
Una prima affermazione necessaria e non discutibile è che non si diventa grandi da soli ma in compagnia, sotto la guida di adulti capaci di affetto e di saggezza.
La famiglia e le sue qualità è l’attore principale, ma anche la scuola, la Chiesa, le associazioni sportive nella persona dei responsabili.
L’educazione non è una competenza innata, è legata al tempo e alla cultura corrente, necessita di riflessione e di consapevolezza, di studio e di verifica dei propri valori e delle proprie scelte.
Queste ragazze e questi ragazzi vanno ben nutriti e ben vestiti ma non possono essere educati dai social.
Ho parlato con una decina di professori universitari, di operatori sociali, insegnanti, tutti esperti di comunicazione e di educazione. Abbiamo convenuto una scelta: dobbiamo offrire occasioni di apprendimento della educazione agli adulti: ai genitori, agli insegnanti, ai preti, ai responsabili delle associazioni sportive giovanili, perché sono loro gli attori della crescita, non i social.
Praticamente “curare”, gli adulti per “curare” i giovani.
La definizione dei contenuti e dei percorsi educativi, secondo noi, sta in una parola magica: relazione, un termine che è il sinonimo di un’altra straordinaria parola: Amore.
E tutti sanno che la qualità della nostra vita e della crescita di ogni uomo o donna sta nella qualità degli amori donati e ricevuti.
È la “comunità” di Papa Francesco, il “noi” del Presidente Mattarella.
Nessuna novità, solo un percorso competente, appassionato, secondo me necessario.
Don Gino Rigoldi, cappellano IPM C. Beccaria di Milano, Corriere della Sera, 16/01/2022